Nando Iseppi Coira, 8 febbraio 2017
Caro Massimo, cara Vera e cari familiari,
Egregia Signora Presidente Dazzi,
meine Damen und Herren,
Quando qualche settimana fa mi è stato chiesto se fossi stato disposto a presentare la produzione letteraria di Massimo Lardi in questa cornice, ho risposto spontaneamente di sì, convinto della validità della sua scrittura, ma meno consapevole del disagio che avrei procurato a un pubblico ben più preparato di me. Pur avendo in comunanza con il nostro premiato le origini valligiane, la formazione, il lavoro e tanti interessi, mi separa da lui una mezza generazione e precisamente gli anni che hanno segnato la storia recente, lui nato prima della guerra io dopo, lui cresciuto in un momento di estrema precarietà io di grandi speranze: contingenze queste che più di una distanza temporale trascurabile ne creano una mentale determinante.
Non me ne vogliano quindi Massimo, la Stiftung Bündner Literaturpreis come i presenti, se quanto sto per dire disattende la traccia di un’adeguata presentazione o ancora di più i termini della laudatio: purtroppo lo spazio mi permette di assolvere il compito solo parzialmente, cogliendo qua e là qualche frammento del suo impegno culturale e letterario; e sia indulgente il pubblico non italofono se buona parte del mio intervento sarà in italiano. Il mio dunque più di un discorso encomiastico o di una scheda bibliografica esaustiva, sarà un tentativo di lettura ad alta voce di alcuni passi delle sue lettere con cui provo a spiegare, qualora ce ne fosse ancora bisogno, perché il premio letterario grigione va a un autore meritevole.
Per un minimo di chiarezza ho articolato l’intervento in quattro momenti: una nota bio-bibliografica, un esempio della prima scrittura, l’officina dei Quaderni, una considerazione sulla sua narrativa / eine Betrachtung seiner Belletristik.
Nota bio-bibliografica. Massimo Lardi è cittadino grigionese a tutti gli effetti per aver vissuto, quasi in egual misura, al di qua e al di là delle Alpi Retiche. Tuttavia le sue radici culturali, pur trovando nutrimento sui due versanti della montagna, hanno prodotto frutti di inconfondibile sapore grigionitaliano, valposchiavino, palesando quindi un tratto distintivo dei nostri emigranti che, dopo l’esilio spesso imposto da motivi di studio o di lavoro, tornano al paese arricchiti da altre culture e rinsaldati nella loro. Oltre a questo viatico, Massimo, sposato con Vera, rientra al paese nativo portando con sé la passione per la scrittura e soprattutto l’affetto dei figli Anna e Matteo e della nipotina Letizia. Massimo Lardi nasce il 6 settembre del 1936 a Le Prese sul lago di Poschiavo. Cresce assieme al fratello gemello Bernardo in una numerosa famiglia con azienda agricola e commerciale. Frequenta i primi anni di scuola in valle, lo studio liceale ad Altdorf dove consegue la maturità classica. Seguono gli studi universitari a Zurigo, 10 anni di insegnamento alla scuola secondaria di Poschiavo accompagnati da un impegno politico in Consiglio comunale. Nel 1969 è nominato professore di italiano, di storia dell’arte e di didattica alla Scuola magistrale grigione a Coira di cui sarà vicedirettore. Parallelamente all’insegnamento continua gli studi a Zurigo per ottenere dapprima la licenza (1971) e in seguito (1974) il dottorato in lettere con una tesi su Beppe Fenoglio.
Accanto alla sua attività professionale svolge diverse mansioni in ambito culturale: è per parecchi anni membro del Comitato direttivo della Pro Grigioni Italiano di cui due in qualità di presidente; per un decennio è redattore dei Quaderni grigionitaliani ai quali dà importanti contributi, scrive regolarmente per l’Almanacco, collabora con i giornali valligiani, con la RTSI, lavora in commissioni, è attivo in allestimenti teatrali, traduce dal tedesco in italiano.
Delle numerose pubblicazioni di narrativa e saggistica, catalogate in 50 schede alla Biblioteca cantonale grigione, menziono i pezzi teatrali: Ricordati Zarera (1986), storia del villaggio sepolto da una frana, Il mondo è fatto a scale (1987), fortune e disgrazie degli architetti moesani in Baviera, L’albero della libertà (1989), Poschiavo negli anni della Rivoluzione francese; i romanzi: Dal Bernina al Naviglio (2002), Il barone de Bassus (2009) ambedue tradotti in tedesco, Acque albule (2012); i racconti: Quelli giù al lago, Storie e memorie di Val Poschiavo (2007), Racconti del prestino, Uomini, bestie e fantasmi (2007), Celestina e l’Uccellino della Verità (2014).
Questa bella messe sarà promossa da Pro Helvetia con una borsa letteraria e onorata dal Canton Grigioni con il conferimento del premio di riconoscimento.
Per l’ordine cronologico va ricordato che le sue prime composizioni s’incontrano già a inizio degli anni Sessanta con la pièce teatrale Riscossa poschiavina (1963), articoli sul Grigione Italiano e un saggio nei Quaderni (1966) sulla composizione che può essere considerato una sorta di progetto o di manifesto della sua scrittura.
La prima scrittura. Lo scrittore si palesa quando lui stesso meno pensa di esserlo, come negli esordi o in esercizi marginali. Provo a esemplificare proponendo alcuni brani di scrittura quotidiana di Massimo Lardi. Rileggendo le sue prime prove troviamo senza sorprenderci più di tanto, che in nuce gli elementi qualificanti già affiorano. A dimostrazione evidenzio, staccate dal loro contesto, in cui le citazioni di Dante e Manzoni preannunciano i suoi maestri preferiti, alcune espressioni ricavate da tre articoletti sulla scuola, usciti sul Grigione Italiano nell’inverno del 1963. Vediamo dapprima gli incipit.
1. “La botte dà il vino che ha”: giustissimo. Il mio sarà un vinaccio, ma messo in commercio in piena regola; 2. Pochissimi sanno il perché di questo chiasso. “Genitori” ne ha voluto dare una versione nella sua “conclusione assennata”. Io dirò la verità. 3. Titoli come “Alimentazione e Salute” sanno di rancido e li scartiamo. La questione è un’altra.
Niente di più efficace e scattante di questi inizi. Si apre con un tono deciso a due voci: da una parte si sentono scandite (qui virgolettate) le parole dell’interlocutore, dall’altra fanno eco quelle dello scrivente. È il meglio della retorica, tesi e antitesi in poco più di una riga. Chi legge riconosce l’impronta e l’indirizzo. I tre attacchi, molto simili nella forma e uguali nella funzione, sono varianti minime intorno a un tema che sanno catturare l’attenzione del lettore portandolo subito in medias res. E come dice il nostro nel saggio sull’arte del comporre, sono gli incipit invitanti che stimolano a seguire il viaggio nella direzione indicata. Se è vero che l’appetito vien mangiando, chi continua con la lettura trova di che sfamarsi. La lista dei menu presenta una scelta vasta e saporita. Ecco, tanto per restare in ambito culinario, l’assaggio di alcuni stuzzichini colti nei suddetti brani.
… il magnifico verso è stato strapazzato barbaramente; dire implicitamente il contrario; farsene una tragedia; adulterare la verità; una lotta impari combattuta a muso duro; avere una conoscenza scarsissima delle risorse linguistiche ecc.
Bastano pochi esempi per capire che questa scrittura esce dal solco comune per avvicinarsi a una più particolare, più creativa. Chi scrive in questa lingua trasmette subito il suo estro, il piacere per quello di cui parla (ed è stata la prima sensazione che ho provato come giovane lettore), dimostra dimestichezza con un linguaggio affinato e sagace sia nella scelta lessicale che sintattica. Si genera in questo modo una scrittura viva, solida, convincente. Le espressioni idiomatiche o altre create ad arte si innestano sul testo arricchendolo, conferendogli concretezza e espressività.
È già musica in maggiore, vibrante dire magnifico verso barbaramente strapazzato, opporre quindi un massimo di positività a un massimo di negatività, al posto di un blando e comunissimo ‘bel verso maltrattato’, così, implicito è più elegante e calzante di ‘contenuto’, farsene una tragedia è più che ‘preoccuparsi’, adulterare la verità è quasi poetico rispetto a ‘dire bugie’ ecc. Dentro questo movimento si anima un dialogo immaginario tra scrivente e interlocutore che nel ritmo serrato, nell’espressività delle battute e soprattutto nella fulminea chiusura: 1. Battibecchi inutili e inconcludenti; 2. A Le Prese per servirla; 3. Mondo ingrato. ricorda molto quello della commedia. La lingua dei passi citati, che evidentemente non può essere ancora considerata un campione di composizione letteraria, presenta nella sua terminologia, costruzione e essenzialità un potenziale stilistico sorprendente.
E qui mi si conceda una digressione che sta tuttavia in relazione con gli articoli di giornale appena menzionati. Tornando nel 1963 dalla contestata gita scolastica a Roveredo, luogo dell’esposizione Alimentazione e Salute, arrivati a Oria la nostra corriera gialla si ferma per un momento: è un intervallo di silenzio che il maestro Lardi, la nostra guida, sfrutta per parlarci del capolavoro di Antonio Fogazzaro, Piccolo mondo antico, romanzo ambientato in parte in Valsolda e molto autobiografico. Quella improvvisa e breve lezione di letteratura sul confine, ha spinto me adolescente a leggere la tribolata vita dei suoi personaggi, la tragica fine di Ombretta, ma solo più tardi ho capito la magia delle parole del nostro. Se a tanti anni di distanza posso associare Oria alla mia prima lettura di un classico, lo devo a lui; per Massimo Lardi quel classico era già -e penso di non sbagliare- un esempio di scrittura.
L’officina dei Quaderni. Prima di passare alla narrativa, del resto già egregiamente presentata e discussa in diverse sedi, vorrei evidenziare il grande impegno culturale del nostro, profuso in particolar modo per i Quaderni grigionitaliani, per il trimestrale che nel suo genere non teme confronto a livello svizzero. Massimo Lardi è stato per 10 anni redattore della rivista curando 40 numeri, pari a circa 4000 pagine. Chi ha seguito queste annate della rivista ha motivo di dire che per una volta la quantità è proporzionale alla qualità, un lavoro immane e lodevole. Infatti, seguendo l’insegnamento dei suoi predecessori, Zendralli e Boldini, è riuscito a dare ai Quaderni una spinta vigorosa attraverso un’attenta redazione dei testi, scelta dei materiali, puntuali presentazioni dei singoli contributi, promozione delle recensioni, degli echi culturali dal Ticino e dalla Valtellina.
Con lo stesso entusiasmo è stato autore, consegnando alla rivista lavori letterari –pubblicati in seguito in volume- e saggi. Fra questi ultimi mi piace ricordare i più significativi a documentare la competenza e l’ampiezza del suo campo d’interesse che va dall’arte figurativa (Riflessioni sull’opera del pittore Paolo Pola, La mamma a Stampa, la mostra di Coira e Zurigo, Il Museo e l’Atelier Giovanni Segantini, sedi di mostre e laboratori di cultura), alla saggistica (Il componimento nelle scuole superiori, Opposizioni e scontri di opposti nell’opera di Beppe Fenoglio, Don Felice Menghini, operatore culturale, Appunti in merito alla poesia di Remo Fasani, Sul romanzo “svizzero” di Ignazio Silone, I canti del mio paesello di Vuelle, Testi originali di Paganino Gaudenzio, Goethe e Poschiavo, Il cavallo rosso di Eugenio Corti, Incrocio di luci di Paolo Gir); dalle interviste (a Mauro Pirovino, Franco Cortesi, Emma Lunghi, Alberto Bondolfi, Daniele Vasella, Andreas Vasella, Niccolò Raselli, Mattea Giudicetti) ai reportage (Viaggio a Sandersdorf, Henryk Wegier, un partigiano polacco), alle laudatio, ai necrologi.
Complessivamente sono una trentina di componimenti che, proposti in una preziosa vetrina tanto sfaccettata quanto intrigante, costituiscono un punto di riferimento della cultura grigione. Pur sapendo che con le seguenti brevi citazioni, estrapolate da quattro contributi diversi, è difficile capire la vera portata di tutte queste pagine, credo di poter rendere almeno un’idea della cura della lingua nonché dello spirito della rivista.
Come leggere l’arte. “Nel centro della sua composizione esplode normalmente una forma macroscopica che schiaccia tutto il resto alla periferia: così la lettura dei suoi quadri si effettua non dalla cornice al centro, ma dal centro alla cornice dove, analizzata nei modi più svariati, riecheggia la forma centrale. Fra questi due poli della sintesi e dell'analisi: del centro e della periferia si costituisce una tensione straordinaria”. Riflessioni sull’opera del pittore Paolo Pola, 1973
Come intendere la cultura. “Per definizione la cultura sarebbe la risposta data da un gruppo di uomini alla sfida posta ad essi dalle particolari condizioni fisiche biologiche e sociali in cui vengono a trovarsi; la civiltà sarebbe l'armamentario, cioè i mezzi e le armi che una cultura si foggia per affrontare la sfida; la quale, in una valle di montagna, e fondamentalmente diversa da quella di un centro. Ma il valore intrinseco di una cultura dipende unicamente dall'adeguatezza della «risposta» e non dal luogo dove questa viene data”. Don Felice Menghini, operatore culturale impareggiabile, 1988
Come essere poeta/scrittore. “L'ultima strofa dice solo: «Ti potessi imitare da poeta...» È la sintesi di tutto. Non conosco un complimento più grande: il figlio poeta vorrebbe essere nella sua arte così completo, così artista istintivo e controllato, dignitoso e onesto, in una parola così perfetto come il padre è stato nella sua professione di contadino e commerciante di bovini”. Appunti in merito a ”La Poesia 1941-1986” di Remo Fasani, 1988
Come fare i Quaderni. “In termini positivi, ribadì quello che i Quaderni Grigionitaliani dovevano continuare ad essere: una rivista di cultura varia, aperta a tutti i problemi e alle realizzazioni, alle ricerche, ai tentativi, ai successi e agli sforzi che si sono verificati… Semplificando, la rivista intende essere l'archivio della storia-memoria, storia identità e della storia progettualità, oltre che un valido strumento di conservazione e promozione della lingua italiana della nostra minoranza”. In ricordo di Rinaldo Boldini, 1997
A scanso di malintesi va ribadito che i passi appena citati si riferiscono a noti promotori della cultura grigionitaliana, ma non si può fare a meno di ritenere che questi principi e orizzonti erano e sono anche i suoi.
Eine Betrachtung seiner Belletristik. Kaum hat er die Tätigkeit am Bündner Lehrerseminar zu Beginn des neuen Jahrtausends beendet, wo er mit Leidenschaft und Erfolg wirkte, schreibt Massimo Lardi seinen ersten Roman Dal Bernina al Naviglio, in der Übersetzung Export zwei. Es folgen dann in regelmäßigen Abständen fünf weitere Werke. Sein erster Roman war für viele keine Überraschung, da die Leser des Almanacco seine meisterhaften Erzählungen kannten; ihnen war seine literarische Fähigkeit durch seine Geschichten, in denen sie sich wiedererkennen konnten, vertraut. Und so entstand das Buch Export zwei, der Bericht einer Reise in den späten fünfziger Jahren von Poschiavo nach Mailand, vom Dorf in die Metropole, von den Rhätischen Alpen in die Poebene um über das Leben der Schmuggler, über die Liebe, Schicksale und Visionen zu reden. In einer Sprache, die mit jener von B. Fenoglio und P. Martini vergleichbar ist (Eugenio Corti spricht sehr treffend von einer Sprache die nach Bergluft duftet), inszeniert er spannende Handlungen und authentische Landschaften.
Der Protagonist "Carlo, 21-jähriger Student, eine Frisur wie der Schauspieler Gassmann, mit weitem Pullover, Röhrenhosen und spitzen Schuhen “. (S. 6) arbeitet hart, um seine große Familie zu unterstützen, die den Vater verloren hat. Sein Leben, gekennzeichnet durch Erfolge und Rückschläge, zwingt ihn neue Wege zu suchen. So passiert er die Grenze, überwindet Hindernisse, verfeinert sein Vorgehen bei illegalen Aktivitäten, kennt gute und weniger nette Leute, landet im Gefängnis und kommt als reifer Mann heraus: "Die italienischen Zollbeamten achten nicht auf ihn. Im trüben Licht des Schweizer Zolls überquert eine getigerte Katze die Straße. Der ehemalige "Exporteur" hat die Grenze überschritten" (S. 183), und damit lässt er die schwarze Katze hinter sich, die ihm auf seiner ersten Schmuggelmission begegnet ist.
Die beiden Bände Storie und Racconti, die gleichzeitig erschienen sind, stehen komplementär zueinander. Der erste, basierend auf Dokumenten und Fotomaterial, zeigt Fakten und Leute "giù al lago", untersucht die Siedlung, stellt die Wirtschaft, Tourismus, Auswanderung und Stammbäume dar, aus denen Männer und Frauen hervorgehen, welche die Protagonisten vieler Portraits und Erzählungen sind. Der zweite Band inspiriert durch Storie und fast eine anthropologische Studie dazu, erzählt das Leben der Leute, die, von einem außergewöhnlichen Willen unterstützt, ungewöhnliche Situationen bestehen müssen. Der Autor zeigt sie in dramatischen Momenten, oft in verzweifelter Lage, in ihrer ganzen Zerbrechlichkeit und Stärke. Im Hintergrund erkennt man fast immer sein Dorf in einem bunten Gewirr von Stimmen die zur Bewältigung der täglichen Not wieder zusammenfinden. Darüber hinaus, auch der neueste Roman Acque albule, der meist in Rom spielt, bezieht sich auf die beiden Bücher des Jahres 2007, deren Personen und Lebenswelt er teilweise übernimmt. Es genügt, daran zu erinnern, dass mit "acque" sowohl die von Tivoli bei Rom gemeint sind, wie die des Puschlavs. Acque albule, wo Chronik und literarische Gestaltung sich gegenseitig ergänzen, ist auf zwei Hauptthemen "Wasser und Brot" konzentriert, die am Leben, der Liebe und dem Tod des Protagonisten Cristiano aufgezeigt werden. Für Giorgio Luzzi, aber nicht nur für ihn, ist dieser Roman der unwiderstehlichste und überzeugendste von Massimo Lardi.
Am Schluss eine Anmerkung zur ersten Seite des Barons de Bassus, Roman, der schon beim Erscheinen Anerkennung in der Schweiz gefunden hat. Der Buchdeckel, der den Vater und Sohn im Jahre 1783 darstellt, nimmt, mit der Einladung zur Lektüre, die Leitmotive der Geschichte vorweg. Die Hauptfigur, der Baron Tommaso Francesco Maria de Bassus, vor einem neoklassischen Bühnenbild weder richtig sitzend noch stehend, ist bereit von seinem Sessel aufzuspringen um neue geografische, kulturelle, politische und soziale Grenzen zu überschreiten. Seine Zeit wird durch die Ausstattung des Raumes gegeben, während seine Ländereien von einem Handhinweis des Barons auf den Globus sowie seines Sohnes Giammaria auf eine Landkarte gezeigt werden. Das Gemälde dient somit als Einführung in den Roman und gibt dem Leser den Blick auf die Richtung der Geschichte frei.
Der Illuminato, klug, reich, mächtig erklärt seinem Sohn wie man stark und frei wird. Tommaso ist Rechtsanwalt, Bürgermeister, Richter und Abgeordneter am Bundestag der Drei Bünde, Landbesitzer, Verleger, Kulturvermittler, reist viel, führt ein intensives Leben zwischen Poschiavo und dem Veltlin, zwischen Bayern und dem Südtirol auf der Suche nach einem immer ferner liegenden Glück. Die Erzählung, ein Geflecht von Fiktion und Geschichte, stellt, in einer außergewöhnlich lebendigen Sprache, das außergewöhnliche Leben des Barons dar.
Poschiavo. Es war der Morgen des 20. Januar 1766. Der Wind und die Sonne spielten mit dem Schnee, strichen über die Piazza, tändelten mit den Tannenzweiggirlanden, den Papierblumen, den Tüchern und Bannern, die Tor und Fenster des Massella-Palais und den Rathausturm schmückten, und trafen schliesslich auf die schmucke Stiftskirche von St. Vittore, die überfüllt war und durchdrungen von Orgelklang, Weihrauch und Gebet. (S.9)
Man spürt die Leichtigkeit der Feder vor allem in Situationen, in denen die Sprache den Rhythmus beschleunigt, agil und dynamisch wird, wie am Anfang und Ende des ersten Kapitels. Es entsteht ein Rahmen von großer Lebhaftigkeit, wo Wind und Schnee, in ihrem spielerischen Wirbel, die Veranstaltung (die Hochzeit) begrüßen; in der Tat scheinen sie die eigentlichen Akteure zu sein. Die Stimmung ist entspannt, sorglos, alles steht im Banne der Bewegung, der Farben, der Düfte und der Musik, einer Zeit großer Freude, fast eine Parodie des glücklichen Lebens, ein Vorspiel zum Leben der Jungvermählten Tommaso und Maria. Aus dieser Vielzahl von Stimmen ergibt sich ein Zusammenspiel, das sich über den ganzen Roman durchzieht und den Leser in Bann hält.
Normalerweise hat der historische Roman einen langsamen Gang, nicht so der Baron de Bassus. Obwohl zu dieser Gattung gehörend, wird dieser in einem schnellen, abwechslungsreichen Tempo erzählt und spricht in seiner dichten und bildhaften Sprache alle Sinne an. Wie in einem Film ziehen vor den Augen des Lesers Personen und Landschaften, Erfolge und Misserfolge in schnellem Schritt vorüber.
Der Text fährt fesselnd fort bis zur letzten Seite. Aus den 36 Kapiteln, die eine wichtige Brücke zwischen den beiden Sprachen und Kulturen schlagen, sticht die Figur des Illuminato heraus und mit ihm die des Autors, der die besten Register seiner Kunst gezogen hat; auch das Puschlav ist um berühmte Leute, kulturelle Tiefe und um einen neuen Horizont reicher geworden.
Der Palast Massella, heute Albrici, hat seinen Baron wieder, sodass es heute schwierig ist, sich das schöne Haus ohne diese große und faszinierende Geschichte von unbestreitbarem literarischem und historischem Wert vorzustellen.
Purtroppo non avendo la facoltà di certi monaci buddisti che sanno vedere tutto il paesaggio in una fava, ho potuto dare del nostro solo un riflesso. Ma di una cosa siamo convinti: noi grigionitaliani – e penso di poter dire con tutta la Svizzera italiana- senza l’opera narrativa, saggistica e storica di Massimo Lardi saremmo di molto più poveri.
Riconoscenti per quanto ha saputo dare al patrimonio grigione e certi che anche in futuro ci vorrà gratificare con altre preziose pagine, gli porgiamo i più fervidi voti di ogni bene e ci congratuliamo con lui per l’ambito e meritato premio. Con un sentito grazie facciamo i migliori auguri alla Fondazione che con questo nobile segno ha voluto incoraggiare e onorare il nostro e, con lui, le lettere grigionitaliane.